Nove ragazze in scena ed una attrice, per ripensare a ciò che è accaduto durante il periodo nazista da un particolare punto di vista, quello di un’adolescente tedesca, nata alla fine degli anni ‘50, che a 14 anni scopre con dolore che il suo paese si è macchiato di crimini orrendi. Il testo si documenta con le testimonianze raccolte nei libri: “Il cielo sopra l’Inferno”, “Ravensbruck il lager delle donne”, “Il ponte dei Corvi” e i ricordi di Ute Zimmermann. Abbiamo scelto di lavorare sul campo di concentramento di Ravensbruck, l’unico campo di sole donne, la cui verità è rimasta nascosta per molto tempo.
“Ravensbruck aprì a maggio del 1939 e fu trovato dai Russi sei anni dopo. Nel suo picco massimo di attività, (anche le bambine vi furono deportate) il campo ospitò 45.000 donne. Negli oltre sei anni della sua esistenza circa 130.000 donne superarono i suoi cancelli, vennero picchiate, affamate, costrette a lavorare fino alla morte, avvelenate e uccise con il gas. Si stima che le vittime siano state tra 30.000 e 90.000. Prima dell’arrivo degli alleati, tutti i documenti e le schede relative alle donne deportate al campo, furono bruciati, le ceneri gettate nel lago presso il campo di Ravensbruck”. (“Il Cielo sopra l’Inferno”, di Sarah Helm).
Se la Germania dichiara oggi a voce alta la propria responsabilità eterna per la Shoah, non è stato sempre così. Alla fine della guerra e per molti anni dopo, i Tedeschi non vollero sapere, risvegliare i fantasmi del passato, ma preferirono ignorare la tragedia di cui erano stati artefici.
“Ecco, io sono cresciuta avvolta in questo silenzio.” (Ute Zimmermann).
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Ideazione e regia: Maria Grazia Perazzini e Ute Zimmermann