Un luogo in cui lasciarsi trasportare dalle voci, dai suoni, dal pensiero. In cui scoprire le storie nascoste negli armadi, nei cassetti, nelle stanze…
Nella primavera del 1944 il piccolo paese di Fragheto, sull’Appennino Tosco-Romagnolo, fu travolto da un’ondata di terrore. Durante la strage nazi-fascista del 7 aprile furono trucidati quasi tutti i civili della borgata e il fuoco bruciò le case, mandando in fiamme coperte, mobili, ricordi.
Quando il Comune di Casteldelci e l’Associazione il Borgo della pace ci hanno proposto di curare il riallestimento della Casa Museo, abbiamo accettato con entusiasmo.
In un anno di lavoro, abbiamo raccolto, catalogato, scelto i materiali, sotto la guida attenta degli storici.
Tutti volevamo creare uno spazio concepito in maniera innovativa, capace di documentare e allo stesso tempo di trasmettere emozioni non passeggere, un percorso nella vita e nella memoria della vallata, prima e dopo il secondo conflitto mondiale.
Il Museo è molto poco tecnologico: si basa su suggestioni semplici basate sul contrasto luce/ombra, silenzio/voci, pieni/vuoti, pochi oggetti evocativi. Al contrario di ciò che viene richiesto in molti musei, l’invito rivolto al visitatore è quello di toccare, aprire i cassetti, scoprire le fonti del suono, leggere i documenti, con l’unica regola di trattare con rispetto i materiali e riporre tutto con cura.
Abbiamo cercato di utilizzare i documenti, le fotografie, i suoni, le voci, dando una “forma” ispirata al nostro “stile” poetico ed artistico, che da sempre ci porta a parlare ad un pubblico traversale, senza distinzioni di età.
Forse proprio ai più giovani era rivolto il nostro pensiero, con la speranza di contribuire ad una riflessione non solo sull’orrore della guerra, ma soprattutto sull’importanza della Pace, un bene fragile che appartiene a tutti e che tutti abbiamo il diritto/dovere di difendere e custodire.
“Noi siamo la memoria che abbiamo e la responsabilità che ci assumiamo”
(J. Saramago)